ADHD: indennità di accompagnamento

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Studio di Riabilitazione Neuro-psicomotoria

Spesso, nei quadri più severi di ADHD, associati anche a disturbi oppositivi provocatori, molti genitori riferiscono di non poter mai lasciare da solo i propri figli, di doverli controllare “h24” e di dover conseguentemente rinunciare alle proprie attività lavorative, ovvero a pagare collaboratori domestici.

In questi quadri clinici “severi”, su quali aiuti possono fare affidamento le famiglie?

Oltre all’ottenimento dei benefici ex art. 3 comma 3 della Legge 104 (che consentirà alle famiglie di poter pretendere un insegnante di sostegno a scuola, con orario “pieno”), è anche possibile poter ottenere l’aiuto economico dell’indennità di frequenza, oppure, nei casi più “gravi”, dell’indennità di accompagnamento.

L’indennità di accompagnamento, prevista dalla legge 11 febbraio 1980 n. 18, è un contributo economico pari a 520,29 euro mensili, che prescinde dal reddito e dall’età (quindi erogabile anche in favore dei minori), previsto in favore di tutti coloro che abbiano i seguenti requisiti:
a) impossibilità a deambulare senza aiuto permanente di accompagnatore;
b) incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza.

I due requisiti sono alternativi tra loro, per cui non devono necessariamente coesistere (ne basta uno dei due). Laddove sussista la capacità di deambulare autonomamente, sarà necessario (e sufficiente) possedere il secondo requisito, rappresentato dalla incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita.

Ma cosa si intende con “incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita”? Secondo L’INPS (che dà una definizione restrittiva di tale requisito) la valutazione degli atti quotidiani della vita dovrebbe limitarsi solamente alle attività “basali”, ossia le attività strumentali che garantiscono la gestione autonoma delle proprie esigenze, quali vestirsi, lavarsi, usare il telefono, fare acquisti, utilizzare mezzi di trasporto, assumere medicinali, eccetera.

Fortunatamente, in giurisprudenza viene data una definizione ben più estensiva del requisito della “incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita”.

Secondo la Corte di Cassazione, l’incapacità di compiere gli elementari atti giornalieri della vita deve intendersi non solamente in senso fisico, cioè come mera idoneità ad eseguire in senso materiale tali atti, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata, la loro importanza anche ai fini della salvaguardia della propria salute e dignità personale.

In ambito giurisprudenziale, pertanto, l’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita ricomprende anche l’incapacità di compierli nei tempi dovuti e con modi appropriati, per salvaguardare la propria salute e la propria dignità personale senza porre in pericolo sé o gli altri, di guisa che il diritto alla provvidenza in oggetto viene riconosciuto anche in favore di coloro che difettano anche episodicamente di autocontrollo, sì da rendersi pericolosi per sé o per gli altri (Cass. 21 aprile 1993, n. 4664).

Questo principio è stato ribadito dalla Cassazione in molte altre sentenze, nelle quali è stato riconosciuto il diritto all’accompagnamento anche in presenza di capacità di compiere fisicamente gli atti quotidiani della vita, ogni qualvolta la persona debba essere continuamente assistita “per la necessità di evitare danni a sé e ad altri” (Cass. 8 aprile 2002, n. 5017).

In molte pronunce si ribadisce questo importante principio, così ben sintetizzato nell’Ordinanza 27 novembre 2014 n. 25225 della Cassazione: “Va, dunque, ritenuto che la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri debba intendersi non solo in senso fisico, cioè come mera idoneità ad eseguire in senso materiale detti atti, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata, la loro importanza anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica”.

In tema di indennità di accompagnamento e ADHD, citiamo, a titolo esemplificativo, due precedenti giudiziari (rispettivamente del Tribunale di Pistoia e del Tribunale di Firenze) relativi a due ricorsi da noi proposti, nei quali è stata riconosciuta l’indennità di accompagnamento.

Il primo caso era relativo ad un minore con diagnosi di ADHD e disturbo del linguaggio espressivo con disabilità intellettiva lieve-media, per il quale il Tribunale di Pistoia ha riconosciuto il minore “non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita senza un’assistenza continua, nell’impossibilità di gestirsi in modo autonomo per le necessità della vita quotidiana” (Tribunale di Pistoia, 12.01.2019).

Nel secondo caso, relativo ad un minore con “Grave deficit di attenzione e iperattività (ADHD) associato a disturbo oppositivo-provocatorio ed anoressia nervosa”, il Tribunale di Firenze ha riconosciuto l’indennità di accompagnamento, in quanto il minore, pur in grado di eseguire in senso materiale gli atti quotidiani della vita, necessitava di un controllo e di una supervisione costante da parte dell’adulto, a salvaguardia della propria condizione psico-fisica.

In presenza di questi quadri clinici molto severi, è dunque possibile valutare l’ipotesi di fare richiesta dell’indennità di accompagnamento.

Autori: Avv. Francesco Chetoni Avv. Francesca Raffaele

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